La storia del quartiere Prati

La storia del quartiere Prati

Alla fine dell’Ottocento la struttura viaria del quartiere è ormai consolidata, anche se non tutte le caselle sono state edificate; la strada centrale è il lungo rettifilo di via Cola di Rienzo (da piazza della Libertà a piazza Risorgimento), che è in diretto rapporto col ponte Margherita ed evita la visuale della cupola di S. Pietro e di Castel Sant’ Angelo, intesi come simboli del passato dominio temporale, mentre il nuovo piano regolatore era manovrato dai politici liberali, laici e massoni. Come scrivono gli autori di Wikypedia “Una curiosità è costituita dal fatto che, essendo la nuova Giunta Comunale di Roma guidata in parte notevole da massoni ed anticlericali, bisognava evitare la visuale o la prospettiva della cupola di San Pietro”.

I Prati di Castello (da Castel Sant’ Angelo) cominciano ad essere edificati dopo il 1870 e soprattutto dopo il 1879, quando è costruita la passerella in ferro, che dalla scalinata di Ripetta porta al cosiddetto «quartiere Cahen» (intorno all’ attuale via Vittoria Colonna), che prendeva il nome da una famiglia di finanzieri d’origine belga, legati ai de Mérode. Ma il vero slancio edilizio è legato all’inaugurazione di tre nuovi ponti (Margherita, 1891; Umberto, 1895; Cavour, 1901), che rivoluzionano il rapporto tra la riva destra e la riva sinistra del Tevere e che collegano facilmente il nuovo centro edilizio con il centro cittadino.

Nell’ultimo ventennio dell’Ottocento una convenzione tra il Comune e il Regio Esercito porta alla costruzione delle cinque caserme tra viale Giulio Cesare e viale delle Milizie. Ed è questo il confine definitivo dei Prati di Castello, al di là del quale c’ è la piazza d’Armi, dove i vari reparti militari svolgono le loro esercitazioni.

A quei tempi comunque nell’area sorgono anche delle piccole opere architettoniche, in particolare “villini” per ricchi borghesi. Come riportato da Wikipedia Nelle rifiniture dei villini si esibirono artisti di grido del tempo, come Duilio Cambellotti, decoratore dei libri di D’Annunzio, Galileo Chini, buon artista della ceramica: nacquero così i villini Vitale e Cagiati, tra piazza della Libertà, il Lungotevere e viale Giulio Cesare, esattamente in via Alessandro Farnese e all’angolo tra piazza della Libertà e via dei Gracchi, seguiti poi da altri, come quelli del senatore Cefaly, del conte Pietro Chiassi o del cav. Cesare Danesi, personaggi influenti della Roma “liberty”.Su Via Crescenzio, al n 38, di fronte alla Guesthouse Sant’Angelo è stato costruito il villino ROY dall’architetto Fulgenzio Setti. Si tratta di un vero e proprio palazzo dei primi anni del Novecento, edificato in stile parigino eclettico, a dargli questo tratto è soprattutto la guglia che si trova in alto ad angolo con via Ovidio.

Nel 1908 il Regio Esercito retrocede al Comune i circa 800.000 mq. della piazza d’ Armi; subito dopo la giunta Nathan, in vista dell’ Esposizione Universale del 191, imposta una prima urbanizzazione della zona con una rete stradale a schema radiale. E questo schema radiale è accettato nella variante di piano regolatore, redatta nel 1919 da Gustavo Giovannoni e Marcello Piacentini. Nasce così un nuovo quartiere quasi completato nel ventennio fascista, che dapprima è detto Milvio, poi Delle Vittorie. Un quartiere che oggi sembra rubato da chi pretende che tutto sia Prati. In definitiva Prati è un quartiere «umbertino» con poche aggiunte del periodo fascista o dei decenni successivi; mentre il quartiere Delle Vittorie è un quartiere connotato dall’edilizia pubblica e privata del ventennio con numerose intrusioni devastanti della seconda metà del Novecento, come il palazzo della RAI o quello della Corte dei Conti.


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